martedì 9 giugno 2015

Mobilia

Da qui è come se guardassimo da una feritoia. Si scorgono un piccolo trapezio del Tribunale di Milano, un'ampia curvatura della Cà Granda, l'ospedale Maggiore, le nervature gotiche della Torre Velasca, il retro dell'Università degli Studi di Milano. Siamo alla Guastalla, giardino all'italiana appena fuori la cerchia dei Navigli, tra via Francesco Sforza e via san Barnaba. 

All'ombra dei suoi faggi - c'è persino una secolare catalpa, l'albero dei sigari - si ha l'impressione ci si possa appartare e al contempo misurare con la città; come se guardassimo fuori dalla finestra, con le dita tese a divaricare le listerelle sottili della veneziana. «La casa è una città in piccolo, e la città è una casa in grande» (Leon Battista Alberti) e qui, lungo la circonvallazione interna, casa e città in qualche modo coincidono.

C'è un'espressione che mi piace molto e che appartiene a Milano in modo stretto: arredo urbano; sottende quell'idea della fatica e degli sforzi che le famiglie compiono per completare l'addobbo di una stanza - un oggetto alla volta, per fare di casa uno spazio in cui è bello vivere, invitare amici, crescere i figli - e suggerisce senso di appartenenza a una comunità di strada, di palazzi, di facciate e cortili.

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