domenica 18 novembre 2012

Sentire, ascoltare /71

A notte non ancora inoltrata, poco lontano da un reticolo di pub, circoli e trattorie, al cicalare lungo e confuso degli avventori delle feste si è sostituito il pigolio di alcuni uccelli di città. 

Dapprima il cinguettio pareva un suono appena distinto dal vociare urbano, simile ad un'acuta risata femminile; poco dopo, allontanati i luoghi di ritrovo, il verso dei volatili si stagliava, tra le facciate di alcuni palazzi di primo Novecento, senza equivoci, con insistenza. 

Il canto proveniva da una voliera in ferro, sporgente da un terrazzo ad angolo di un ultimo piano aristocratico; e l'idea che i pennuti potessero abitare la città, con le proprie voci, il solo mattino, quando ancora è buio -appena alzati per un lungo viaggio o non ancora rientrati da un insonne crepuscolo- si è sciolta nell'aria notturna, confusa all'ennesimo artificio che fa delle città luoghi di immaginazione e illusione.

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