sabato 22 settembre 2012

Aforismi, neologismi e bestialità /27


Economie nomadi. 

Lungo le vie dei centri storici italiani, la verticalità degli spazi si apre ai passanti attraverso le dita di venditori ambulanti pachistani e bengalesi. Tra pollice e indici scuri di emigranti asiatici si allungano elastici luminosi che scoccano nel cielo a raggiungere altezze impressionanti. 

Seguire con lo sguardo il volo degli elastici è una tentazione a cui pochi possono resistere. L'elastico schizza in alto, ben oltre la visuale di quanti sono per strada, e scende poco a poco, con moto proprio delle foglie che piroettano adagio dai rami verso terra.

Chi osserva il fenomeno, però, non ha interesse a seguire la discesa dell'elastico; piuttosto è intento a trovare un termine solido, naturale e architettonico, per capire quanto effettivamente l'elastico si sia spinto in alto, nella città. 

Ha superato il quinto piano. Si è impigliato tra le fronde di quel sempreverde. Ha quasi raggiunto la guglia del duomo. 

L'elastico -e la fionda con cui si innesca il lancio- trascina i passanti ai piani alti dello spazio urbano e impone nuove riflessioni: geometrie e dettagli: cariatidi, omenoni, capitelli, gargolle, doccioni, gronde, tegole. 

Altre volte è il panorama umano a destare interesse. 
Tra tenda e tapparella, dietro il vetro di una finestra di un sesto piano, si scorge la silhouette di un uomo che osserva i passanti sotto casa; una coppia di anziani -gambe ombreggiate da una ringhiera in ferro e volti nascosti da una fila di fioriere- riposa e prende aria su due sedie in alluminio; una ragazza si stringe tra muro e stendino del proprio verone per fumare una sigaretta -mora e occhi verdi, è intenta a buttar fuori dalla bocca il fumo senza che si infili in casa, sottile e inarrestabile, attraverso spifferi e spiragli che tra le ante semichiuse fischiano col vento.

*** 

L'elastico non è solo volàno di una riflessione urbana ma anche, e forse più, simbolo di un'economia che mi piacerebbe chiamare nomade

I venditori ambulanti che fiondano l'elastico in aria sono, perlopiù, bengalesi e pachistani. Ovunque essi si trovino -Roma, Milano, Parigi, Istanbul, Berlino- hanno con sé fionda ed elastico. 

Verrebbe da pensare che la merce esiste in un luogo se nel medesimo luogo esistono determinati venditori: la fionda con elastico -senza sollevare la questione del racket- si può acquistare se a venderla ci sono pachistani e bengalesi -non altri

Non significa che le merci da loro vendute siano ideate e costruite nei rispettivi paesi di origine. Piuttosto indica un'economia strettamente connessa al venditore -lui, non un altro

Il nomadismo dei venditori ambulanti o la loro espansione, in piccole comunità, su una più ampia porzione di territori, è condizione necessaria e sufficiente perché esista una specifica economia. 

Con ciò mi vien da pensare che peculiarità di culture, saperi ed economie non siano legate a luoghi e a persone che identifichiamo coi luoghi, ma sempre più a persone che di alcuni luoghi sono, coscientemente o meno, espressione. 
L'economia nomade -la fionda e l'elastico- è tra i più vivi paradigmi della contemporaneità.

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