lunedì 20 agosto 2012

Sentire, ascoltare /48

La stazione ferroviaria è un luogo di spaesamento. Non già perché è un ambiente sconosciuto; piuttosto perché la nostra presenza, lungo la banchina, pare possa -o debba- protrarsi all'infinito. Senza alcuna certezza di partenza e con la consapevolezza, qualora si riuscisse a prendere un treno, di dover approdare a un luogo identico a quello di partenza. 

L'esistenza della stazione ferroviaria è replicata in centinaia di copie. La matrice si confonde coi suoi calchi. Partenza e arrivo coincidono, tempo e spazio non determinano il tragitto, cartografie e tabelle orarie esistono solo per sé e non hanno relazione alcuna con metropoli, città e paesi che connettono nella geografia reale. 

Non stupisce che il lettore, in attesa di un treno, legga e rilegga, per un errore di impaginazione -come avviene in Se una notte d'inverno un viaggiatore-, le stesse pagine e che riesca, nonostante ciò, a proseguire il racconto e ad avanzare nella storia e nel proprio viaggio.

Qui, tra spaesamento e impalpabile percezione del circostante, sogno e timori, può avvenire qualsiasi cosa.

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