domenica 22 aprile 2012

Sentire, ascoltare /36

Serrati in maleodoranti fila, tenuti assieme da bende e corazze, stretti al desiderio di posar lancia ed elmo, gli uomini del Ducato di Milano marciavano, anima in spalle, tra i campi della pianura Padana. E già in lontananza appariva -prima ancora dello spettro di una sindrome da stress post traumatico-, oasi di sfarzo, giaciglio e notte d'amore, il castello. 

Venne il sole, non so contare quante volte, e in piazza delle Armi un refolo d'aria muoveva il fumo di una sigaretta appena accesa da un tipo esile, dal volto pulito, con le gambe accavallate su una panca di pietra. 

“Disturbo?” 
“No, prego”. 
“A Milano si disturba molto”. 
“Fosse questo il disturbo”. 
“Sicuro non disturbo?” 
“No, si immagini”. 
“Sono stato dieci anni in manicomio”. 
“Mi dispiace”. 
“Manicomio vecchio stampo, intendo”. 
“...”
“Sono libero adesso”. 
“E come si sente?” 
“Meglio, molto meglio”. 
"..."
“Fuma?” 
“Sì”. 
“Anch'io, vede?” 
“Sì”. 
“Sicuro non la disturbo?”. 
“No, davvero”. 
“...” 
“...” 
“Il fumo è la malattia della solitudine”.

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